Casa d’Italia
Istituto ristrutturato, direttrice nuova.
La intravedo qualche volta in qualche manifestazione. Qualche chiacchera tra colleghi e scatta la molla della curiosità e della voglia di saperne di più. Saperne di più su una certa aria di rinnovamento, saperne di più su una certa determinazione a far funzionare le cose e a farle funzionare anche bene, saperne di più su professionalità al femminile.
Persona curiosa: io, ma anche tante altre persone che come me si sono trovate ad osservare una lenta ed inesorabile decadenza e chiusura di una prestigiosa istituzione quale è l’Istituto.
Ci penso su. Poco però, sono un’istintiva e decido: invio un’email alla nuova direttrice chiedendole di incontrarla per una intervista. Aspetto qualche giorno, telefono e … ho un appuntamento per martedì 6 marzo alle 12,30.
A questo punto devo prepararmi: penso di scrivere delle domande; le metto giù ma non mi soddisfano, ogni cosa che scrivo, non so il perché, mi sembra sterile. Le domande presuppongono degli antefatti e questi non li voglio usare. Comincia una sensazione di ansia.
Nel frattempo cerco di documentarmi su di lei.
Mano a mano che scorro Internet l’ansia si tramuta in preoccupazione andante panico: direttrice dell’IIC di Tunisi, di New York, di San Paolo.
Ma chi me l’ha fatto fare!
Trovo altre interviste con le stesse domande che mi proponevo. Arrimannaggia!
Ma che ci vado a fare?
Mi sembra di sapere tutto quello che volevo sapere.
La nuova direttrice è arrivata, ha trovato una situazione penosa su più punti di vista, si è rimboccata le maniche e con grinta e determinazione ha iniziato la “ristrutturazione”. Ma l’IIC è già stato ristrutturato e restaurato. Certo, è vero. L’edificio ha accolto le opere di risistemazione ma è al suo interno il lavoro di rinascita che deve avvenire.
Ops! Divento polemica. Attenta a non farmi sfuggire questi pensieri quando sarò davanti alla dottoressa. E invece è proprio lei che me ne parla. Con calma, con serenità, con un sorriso. Ma che tipo!!!
Ma ritorniamo ai momenti precedenti all’incontro. Già detto della mia agitazione non mi resta che parlarvi del mio ingresso, sicuramente non trionfale. Alle 12.25 salgo al quarto piano e la segretaria, accogliendomi con un sorriso, si scusa in anticipo per un certo ritardo: la dott.ssa Palestini deve preparare qualcosa inaspettatamente per l’Ambasciata. Bene! Adrenalina in aumento. Il ritardo mi ci vuole.
Dopo circa venti minuti, eccola! Mi viene incontro, mi tende la mano e si dice sinceramente dispiaciuta del ritardo. Nessun problema. Entro con lei nel suo studio, bello, accogliente, caldo e mi fa accomodare in salotto mentre lei è ancora impegnata a dare delle istruzioni per alcune spedizioni fax – email e a parlare al telefono (in greco, intendiamoci). Mi raggiunge in salotto ed ecco subito sfuggirmi la prima esclamazione: “che bello vedere donne occupare posti di prestigio”. Non so stare zitta.
Si ferma, riflette e mi dice: “sapesse quanto ce l’hanno fatto sudare e quanto ancora lo fanno”. Convengo.
Sono pronta con la mano in borsa a prendere il registratore probabilmente e/o evidentemente nervosa, ma ecco arrivare la prima domanda. Purtroppo non mia: “ e allora, signora, mi parli di lei”.
Battuta in primis. Mi ha preceduta. Ha pensato lei alla rottura del ghiaccio.
Non commento perché mi voglio bene.
Comincio a parlare e a questo punto mi sembra di essere nel salotto a casa di un’amica e con lei scambio esperienze, punti di vista e storie. Così, semplicemente.
Dimentico l’intervista e mi lascio trascinare da tutte le iniziative in cantiere alle quali potremo partecipare: convegni sulla salute, mostra su Maria Callas, concerto di Uto Ughi al Megaro Musikì. Parliamo di lingua, dei corsi, delle Certificazioni e anche dei CELI ritornati in sede.
Non voglio trascrivere tutti gli eventi, sono sicura che questa signora saprà come informare il pubblico. Tanta esperienza, tanta conoscenza, tanta tenacia: mi conquista!
Divento sua fan sfegatata non appena mi parla di sinergia, di collaborazione con le altre istituzioni presenti, di voglia di costruzione, di chiarezza.
E finalmente arriva il momento dei commiati.
Ma perché ho usato finalmente?
Che stia prendendo l’abitudine dai miei studenti che regolarmente lo confondono con alla fine?
Sicuro!! Infatti non desidero affatto che questa bella chiaccherata finisca.
Ma … Alla fine bisogna salutarsi.
Scendo giù e ho problemi ad aprire il portone: è pesante. Penso: l’Istituto mi trattiene e mi viene da ridere.
Il sole quasi primaverile di questi giorni mi abbraccia e io sento caldo ma non è questo sole a farmi avvertire questo calore. Per nove anni ho provato nervosismo a sentire denominare l’Istituto Casa d’Italia, ma oggi ci sta a pennello: sono stata a CASA!
Mi incammino per Piazza Omonia e ad un certo punto la mia immagine riflessa da una vetrina mi fa scoprire che ho un enorme sorriso stampato sul volto. La scena è un po’ ridicola ma io mi sento così tanto bene.
Benvenuta, tanti auguri, in bocca al lupo e GRAZIE dott.ssa Palestini.
Maria Grazia Galluzzo