Corpi.
Corpi sciupati, toccati, violentati.
Corpi regalati, amati, mascherati, negati.
Corpi venduti, svenduti, posseduti.
Corpi animati, inanimati, clonati.
Corpi bagnati, salati, abbronzati.
Corpi danzanti, inebrianti, smaglianti.
Corpi odiati, macellati, incatenati.
Corpi assetati, affamati, calunniati.
Corpi accaldati, sudati, sventolati.
Corpi alleggeriti, appesantiti, scolpiti, sopiti.
Corpi avventurosi, scrupolosi, golosi.
Corpi sofferenti, splendenti, silenti.
Corpi belli, brutti, offesi, pretesi.
Corpi mai vissuti, mai conosciuti, mai cresciuti.
Corpi passionali, carnali, esistenziali.
Corpi che infettano, iniettano, svengono, proteggono.
Corpi che raccontano di me, di te, di noi.
Corpi che sono, che parlano, che sognano.
Corpi che vivono, che muoiono.
Corpi in pace, in guerra.
Inizia così questa combinazione di parole dedicata al corpo,
ai corpi di noi esseri umani “obbligati” a questa vita.
Non l ’abbiamo chiesto noi di venire al mondo, con questo
carattere, con queste fattezze, alti, bassi, magri, obesi,
felici, infelici. Altri hanno deciso oppure è capitato di
dare “concretezza” ad un amore giusto, sbagliato…….
Siamo qui a pensare e ripensare che cosa sarebbe successo
al mondo senza di noi, senza le nostre stranezze, debolezze, leggerezze, tenerezze.
Che spazio occupa in questo “quadro” che è la vita
il nostro viso con il suo sorriso, con il suo pianto;
la nostra testa con il suo cervello e il suo pensare;
il nostro orecchio con il suo sentire, ascoltare;
la nostra mano con il suo toccare, plasmare, costruire, distruggere, creare;
il nostro cuore con il suo amare, odiare;
il nostro sesso con la sua passione, convulsione, tensione;
il nostro piede con il suo andare, calpestare, evitare, schiacciare?
Un corpo. La somma di opposti:
reale – irreale
forte – debole
felice – triste
bello – brutto
grasso – magro
razionale – irrazionale
Ci tocchiamo, ci sentiamo, esistiamo ma, a volte, sfuggiamo,
inciampiamo, inerpichiamo, sballiamo nelle decisioni, nelle
situazioni, nelle emozioni.
Si vedono, incontrano, scontrano corpi forti, robusti,
scolpiti, narcisi ma dietro, a volte, trapelano, trasudano
insicurezza, debolezza, incertezza, scontentezza, amarezza.
Corpi belli ma che, a volte, nascondono bassezze, bruttezze,
limitatezze.
Corpi grassi che si vedono magri, corpi magri che si vedono
grassi, celano o manifestano patologie, malattie esistenti
mascherate da certezze sorprendenti.
Non c’è da meravigliarsi se specchi appannati restituiscano
immagini deviate, distorte, offuscate, ingigantite, rimpicciolite.
Un corpo nell’acqua, come sta?
Bene! Benissimo! C’è nato.
Male! Malissimo! C‘è morto!
L’acqua: rinfresca, purifica, disseta, rigenera, calma, ristora.
L’acqua: affoga, inonda, indebolisce, ferisce.
Corpi rotolati, gonfiati, irrigiditi, sfigurati, mai ritrovati.
Quanto un corpo può soffrire, quanto una mente può “reggere”
di fronte a una giovane esistenza cancellata, inghiottita, annegata?
Non si può immaginare, pensare. Basta guardare il volto, i
segni che il corpo invia: colpiscono, feriscono, sgomentano.
Mare in…. burrasca, mare…. in calma piatta.
Ma noi nei nostri corpi non solo soffriamo, ci torturiamo
ma gioiamo, ridiamo, balliamo, cantiamo, viviamo.
Viviamo secondi, minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni
pieni, spenti, luccicanti, abbaglianti, grigi, neri, colorati,
scoloriti, sciupati, strapazzati, svergognati, rubati…… .
Una donna teme il tempo, ha paura che passi su di sé
inesorabilmente, implacabilmente, ferocemente, accanitamente.
Un’altra non lo teme, ne è complice, amica, sorella, amante.
Si può amare il proprio corpo? Essere talmente “presi”,
occupati da lui? Servirlo, onorarlo, glorificarlo, adularlo?
Non lo so; gli vogliamo bene, a volte lo maltrattiamo, lo
sviliamo, lo abbattiamo, lo recuperiamo, lo disintegriamo,
lo dimentichiamo, lo esaltiamo.
Ha bisogno di coccole, di tenerezze, di carezze, di certezze.
Di cure, di premure e non di “tagli” con la scure.
Le ferite si rimarginano non solo con il tempo ma anche con
il cambiamento di comportamenti nei sentimenti.
Quanto fa bene l’amore al nostro corpo? Alla nostra mente?
Corpo e mente si attraggono, si respingono.
Un’energia vitale, subliminale, bestiale che ci fa gioire,
intristire, rinvigorire, ammorbidire, irrigidire con e senza
freni, inibizioni, frustrazioni, sensazioni, motivazioni.
Il giorno cosa regala al nostro essere nel corpo? In vita?
Fretta, ansia, apatia, follia, spazi piccoli- grandi, luminosi-
bui, puliti- sporchi, aperti-chiusi, pieni- vuoti, bianchi- neri;
incontri fortunati, piacevoli, esagerati, esasperati;
lavori soddisfacenti, pertinenti, assorbenti, travolgenti;
amori mancati, ritrovati, risvegliati, rinvigoriti, assetati;
amici sbagliati, naufragati, ricuciti, rinsaviti, ritornati.
E la notte, cosa ci porta la notte?
Noi vestiamo e svestiamo i nostri corpi in un carosello
sensuale, trasgressivo, eccitante, mordente che ci fa perdere
e ritrovare dignità nello stesso tempo, a seconda delle persone,
degli oggetti, delle sensazioni che coltiviamo, che usiamo,
che sentiamo. In un agire frenetico, convulso, esasperato
che ci fa godere, gemere, tenere attaccati a qualcuno di cui
in quel momento o per sempre non possiamo fare a meno, gli
apparteni-amo, lo vogli-amo, lo ami-amo, lo sposi-amo,
ci separi-amo. Amo: A = Arte ; M = Muove ; O = Ordine.
L’arte muove l’ordine costituito delle cose, per renderle
uniche, originali, mai banali, flessibili, incontrovertibili.
Corpi: C = Conoscere ; O = Osservare ; R = Rispettare ;
P = Piacere ; I = Intenerire.
Conoscer/si-e, osservar/si-e l’altro, gli altri, vuol dire rispettar/si-li
e far/si-gli piacere intenerendo/si-li.
Un abbraccio, una carezza, un bacio, una parola dolce,
semplice fanno rilassare, distendere, ammorbidire, addolcire
il nostro corpo emanando calore, colore, tepore, amore.
La dolcezza non è mai abbastanza: è utile, indispensabile
come l’aria; attenua, sopisce l’aggressività, la rende
inoffensiva, positiva; canalizza i nostri istinti rendendoli
docili, non bestiali, meno animali, più sociali.
I nostri corpi sono come strade “segnate” da:
pericoli, divieti, accessi, sensi unici, sensi alternati,
doppi sensi, precedenze, stop, semafori rossi, arancione,
verdi, doppie curve pericolose a sinistra e a destra.
I pericoli spesso non li vediamo, li mal interpretiamo, non
li capiamo, li confondiamo, ci immergiamo, li sottovalutiamo.
I divieti ci intrigano, ci dominano, ci assalgono, ci
distruggono, ci eccitano, ci neutralizzano, ci affascinano.
Gli accessi, da non confondere con gli eccessi, spesso e
volentieri sono sbarrati da lavori in corso mai terminati,
da porte di vetro mai segnalate, che disorientano, fanno male.
I sensi unici, a volte, facciamo finta di non vederli, li
percorriamo dove non possiamo inesorabilmente, stupidamente, spavaldamente.
I sensi alternati, da non confondere con alterati, ci
attraggono creando però caos, disordine, impazienza.
I doppi sensi stimolano incontri, incomprensioni,
avversioni, dolori, indecisioni, confusioni.
Le precedenze, le priorità ci governano, ci superano, ci
vogliono per far fronte agli enigmi, alle certezze della vita.
Gli stop vanno rispettati, capiti senza indecisioni perché il
contrario fa male, molto male e spesso non c’è ritorno.
I semafori rossi vengono sfidati, guardati scrupolosamente,
osservati distrattamente, sopportati impazientemente.
Quelli arancione sono invisibili, poco importanti, decisamente
antipatici, insignificanti, poco interessanti.
Che dire dei verdi! Attenzione: qui la politica non entra!
Attesi, superbi, scontati, sempre superati, mai frenati.
Le curve! Attenzione sia a quelle di destra che di sinistra,
non c’è differenza! Alcune appartengono a “corpi – strade”
lisce, tortuose, con dossi, a gomito…. E lì a districarsi sono
imprese! Gli uomini non le temono, anzi le cercano, vanno
incontro a loro perdutamente, inconsapevolmente, strenuamente.
Alcune donne se non le “ hanno”, le cercano, le
vogliono a costo di soffrire per apparire.
Non le condanniamo, le capiamo, non le imitiamo, ce ne
guardiamo!
Lo specchio, fonte di guai, ci firma, ci autografa
impietosamente, egregiamente, spudoratamente. La nostra
totale “impronta corporale” viene riflessa e ci fa star male,
bene, ci entusiasma, ci annulla, ci rende sicuri, insicuri,
tristi, felici, ci fa spendere la giornata o la serata
condizionandola positivamente o negativamente, senza pietà.
Il corpo “sportivo” si muove con grazia, scioltezza, leggiadria.
Ha raggiunto traguardi importanti, ha sudato, gioito, pianto,
esultato, perdonato, gridato, barato, allenato, atteso, compreso.
Si è drogato, siringato, naturalizzato, costruito, scolpito.
Ha stretto coppe, indossato medaglie, raggiunto cime, percorso
salite e discese, schermato, driblato, parato, battuto, centrato,
mirato, bocciato, palleggiato, ruotato, nuotato, danzato.
Ha disegnato su di sé muscoli che sembrano finti, lucidi,
d’oro, levigati, mai sciupati sempre tirati.
La vittoria è bella, la sconfitta è brutta! Sport e vita si
intrecciano, si intersecano, si incontrano in una magica
danza irreale che ha come colonna sonora i gesti, i
movimenti semplici, complessi di un corpo che dà, che vuole.
Il movimento sinergico, coordinato, misurato, controllato.
I corpi “malati” sono rigidi, tesi, rugosi, sudati, non
profumati, infreddoliti, gelati, accaldati, teneri, provati.
La bocca sputava saliva, vomitava parole di dolore, chiedeva
pietà. Il suono del campanello allertava l’infermiera che dal
suo camice bianco sfoderava quell ‘ago che avrebbe portato
sollievo, quella fiala che avrebbe sterilizzato il dolore.
Lui era lì accanto al suo viso, le sue mani la cercavano
ma non la toccavano, i suoi occhi chiedevano respiro, sollievo,
cambio, voglia di gridarle: “Scappo! Non ce la faccio! Ma
non posso. Voglio urlare, naufragare…sprofondare…..”.
Ma lei, nonostante tutto, fiera, austera nel suo martirio
compativa l’altrui fragilità, la debolezza dell’altro corpo
sano ma privo di tenacia, di determinazione, di forza dentro.
Tutto internamente era distrutto, macero, tozzo ma fuori i
lineamenti di quel volto indurito dalla vita erano fieri,
veri, non una lacrima, ma un sorriso concesso da una dose di
morfina amica degli ultimi attimi, secondi di un esistere
che dà il suo stop, il non ritorno. Cosa resta di quel corpo?
Una manciata di cenere che un contenitore anonimo contiene,
nulla di più? No, non esiste che su quella energia, simpatia,
generosità, allegria, ironia, testardaggine, eleganza, classe
sia calato il sipario per sempre. Vogliamo il diritto di
replica, lo supplichiamo, ci inginocchiamo, lo invochiamo.
Azzardiamo a un ritorno, a una reincarnazione, alla voglia di
ripoter abbracciare, baciare, schiaffeggiare, accarezzare,
toccare quell’insieme di arti che tanto abbiamo amato.
Il viso ha bisogno degli occhi per vedere, guardare, osservare,
nutrire, alimentare con le immagini la nostra mente in un
vortice di stimoli, di spunti, di idee originali, geniali.
Ha bisogno del naso per scartare “merce” avariata, non
prelibata spesso avvelenata; di fiutare a distanza donne e
uomini non “compatibili”, spesso irriconoscibili perché
travestiti, svestiti, truccati, mascherati, alterati.
La bocca, carnosa, sottile, sincera, bugiarda che dice e non
dice, parla e sta zitta, trema, sta chiusa e aperta, si allunga
e si accorcia. Lancia cattiverie, malignità, offese che
distruggono ma è anche capace di esternare dolcezze, bellezze.
L’ orecchio per sentire, equilibrare, orientare. Ma per chi
ha perso l’udito, a che cosa serve? Il corpo non ne ha più
bisogno. Lo odiamo? No, non lo calcoliamo, lo dimentichiamo.
Avevi 17 mesi, eri piccolo, piccolissimo quando tutto diventò
silenzio, anche il cane sotto casa sembrava non avere più
il “suo abbaiare”, le auto il loro rombare, noi la voce per
parlare, gridare il nostro dolore al tuo futuro a soffrire.
I corpi che comunicano con il silenzio non sono capiti,
apprezzati, valutati per quello che sono. Vengono classificati,
omologati, standardizzati come sordi = poverini, piccolini.
Pochi hanno osato o osano riconoscere, riconoscergli quello
che è loro dovuto per come sono, perché sono. Persone, corpi
capaci di produrre, di fare, di organizzare, di lavorare, di
cucinare, di guidare, di studiare, ……………, di amare!!!
Eppure le persone hanno paura di provare sentimenti,
emozioni, di condividerli con corpi “silenziosi”, che hanno
bisogno di “bocche” labiali geniali, esperte per trasmettere
messaggi, conversazioni, senza sapere che, a parte l’orecchio
tutto il corpo si è “attrezzato” a sentire, ogni segmento
corporeo ha allestito sensori “a pelle” pronti a captare
la più piccola emozione, sollecitazione, tensione. Non sfugge
niente, tutto viene computerizzato, registrato
e memorizzato umanamente, sensibilmente.
Anche quando il corpo “manca” di qualcosa, non ha paura, non ha
bisogno di pietà, di commiserazione, della parola “poverino”
può farne volentieri a meno. Fidarci di più della
“fisicità che manca” per non umiliare, disprezzare, ma
considerare, apprezzare, applaudire, riconoscere la differenza
e la diversità e che la limitatezza nell’uomo è altrove.
I corpi “silenziosi” sono generosi, volonterosi, scrupolosi,
testardi, tenaci, capaci.
La frase: “Perché proprio a me?”, fa capire a chi ne avesse
ancora bisogno, di come la vita selezioni, prediliga
di dare un destino a uno e non all’altro, così a caso, come
a una roulette russa.
Per chi ha fede la soluzione è un’altra: a dirla con le parole
di un padre francescano: “ Sei stata scelta tu perché pronta,
preparata a caricarti di questa esperienza piena di prove
forti che non tutti sono in grado di affrontare, di arginare,
di sopportare”. Una scelta per èlite, per pochi privilegiati,
per selezionati? Certo, per corpi e per menti di un certo
“impatto”, che danno lo sfratto a tristezza, depressione,
commiserazione, rassegnazione; affittando, invece, la voglia
di non arrendersi mai, di non cedere mai, mai, mai e poi mai.
E’ presto ancora per cantare vittoria di questa esistenza
silenziosa, di questa unione totale di corpi che insieme
hanno scalato montagne di pregiudizi, di incoerenze,
di banalità, di stupidità, di falsità.
Ma una cosa è certa: alcuni obiettivi raggiunti, anche
complessi; alcune persone sbagliate, eliminate; altre
premiate.
Corpi…… “in fede”, di fede cattolica, ebraica, mussulmana,
corpi velati, celati, visi di donne“a quadretti” , negate
della loro identità, socialità.
I corpi, nascosti da non – colori, rivendicano libertà di
movimenti, di sentimenti, di tradimenti, di “esperimenti”.
Un corpo, il corpo nella croce, in quella Croce. Sfinito,
morente, che supplica il Padre Suo in un grido umano,
un corpo frustato, sputato, umiliato, bastonato: così vero, autentico nella sua fisicità, nella sua Santità.
Eppure abbiamo bisogno di ri-concretizzare quella morte del corpo, per credere davvero, di un lenzuolo che sigli quella altezza, quelle dimensioni, quei segmenti. Ma di che fede parliamo? Non certo di quella vera, che non ha bisogno di toccare con mano per dire… è, c’è…, sarà…. per sempre, per l’eternità, nell’aldilà.
Quando il corpo va oltre, dove non sappiamo, non conosciamo, dove vogliamo, dove crediamo.
Corpi,
vi ho scoperto, riscoperto,
affrontato, denudato, esorcizzato, narrato.
Vi ho cercato, scovato, amato.
Mi avete aiutata a conoscere più di me, di te, di loro.
Mi avete rilassata, traumatizzata, esasperata.
Mi avete dato un lavoro perché con voi, su di voi, per voi ho studiato, ricercato e spero……. dato!
Corpo,
mi hai dato la carica quando l’avevo spenta,
mi hai dato amore anche quando non l’avevo richiesto,
ti sei fatto tatuare per non dimenticare,
sei stato altruista e non egoista,
sei generoso, anche quando non sei in forma, fai di tutto per non farlo pesare, mi fai apparire bella anche quando………………………………………….
Volere è potere! Corpi, per raccontare e raccontarsi
in un travaglio e in un parto di emozioni, di sensazioni.
( ISTRUZIONI PER L’USO: rileggere queste pagine con in sottofondo la canzone “LE DONNE LO SANNO” di Ligabue)