“IL RISVEGLIO” – Massimiliano Discepola

“IL RISVEGLIO” – racconto breve

 

Il lampione, sotto la finestra della camera da letto, si spegne; fuori è buio e adesso lo sembra di più. Ma davvero è ancora notte? Aimè no, in realtà è solo l’alba che si annuncia attraverso il temporizzatore delle luci in giardino.

Ore 6:30.

Il primo trillo della sveglia, un sorso d’acqua per accompagnare la quotidiana pillola e poi ancora tra le mie braccia. Gli occhi si aprono solo per un istante, quanto basta per prendere le misure, le nostre teste adagiate sui cuscini, sempre più vicine.

Le labbra, le uniche ad essere già sveglie, iniziano a muoversi, le une contro le altre.

Come due pesci rossi che beccano il cibo all’interno della loro boccia di vetro.

Qualche istante, forse minuti, poi di nuovo immobili nel nostro torpore prima del secondo trillo della sveglia. Sono le 6:40.

Nulla…..almeno sino ad un altro delicato cicalino, questa volta proveniente da un’altra direzione, il mio comodino.

E’ l’altra sveglia, quella del mio telefono Blackberry che continua a suonare.

Ancora frastornato da Morfeo mi giro verso il comodino, afferro il cellulare e do una rapida occhiata allo schermo per identificare, assonnato come non mai, la sequenza di comandi per fare cessare del tutto il malefico trillo. Sono le 6:50.

Questa volta gli occhi si aprono ma con la piacevole sensazione di aver dormito senza interruzioni.

Come tutte le mattine, appena mi sveglio, guardo Francesca al mio fianco delicatamente avvolta dalla leggera luce del mattino.

Dorme tranquilla, il suo respiro regolare e cadenzato lo conferma ed io, guardandola, ho sempre la netta sensazione  di quella realtà che autentica i sogni.

 

 

La luce che filtra. Realtà e sogno confusi, o forse fusi, nello spazio della stanza.

I suoi occhi, i soli, gli unici, in cui da sempre mi è sembrato meraviglioso e lecito perdersi, come meravigliosi fiori si schiudono con la luce che entra dalla finestra priva di tende.

Io do le spalle alla finestra e come prima cosa, ogni mattina, vedo il suo meraviglioso volto e gli occhi illuminati che mi fissano, risplendendo di quel magnifico verde.

E come lei ha appena fatto con gli occhi, il mio cuore si schiude per traboccare d’amore mentre penso che lei è bellissima e io l’uomo più fortunato del mondo.

E proprio per questo che non posso assolutamente rinunciare ad  un’altra dose di coccole.

Baci,carezze, il tutto sempre abbracciati, pardon, intrecciati così come ci eravamo addormentati la sera precedente.

Un fitto intreccio di gambe e braccia che richiama alla mente gli intricati grovigli di una bouganvillea e di un gelsomino in un giardino mediterraneo.

“Gelsi” e “Bughi” così da un po’, affettuosamente, ci chiamiamo tra di noi.
– che dici abbiamo tempo per…- faccio io mentre la mia mano accarezza i suoi meravigliosi fianchi con fare allusivo.

– lo fai apposta eh?- risponde lei. – Sei un sadico- prosegue, – lo sai che il tempo vola e quel maledetto cartellino non aspetta i miei comodi-.

Un bacio e con un guizzo felino si alza sottraendosi al mio tentativo di trattenerla, assai blando in verità, perché so perfettamente che ha ragione.

Il soffitto della camera ci guarda indifferente e il triangolo delle lenzuola su rovescia sulle mie gambe.

Mmmm….prima di far qualunque altra cosa , al risveglio, ho bisogno di stiracchiarmi.

 

Adoro alzare le braccia al di sopra della testa stringere i pugni e lasciare che un brivido scorra lungo i fianchi, giù,giù, fino alla punta dei piedi.

E’ la scossa che mi serve per affrontare la giornata.

Adesso sono pronto, la seguo e iniziano i rituali quotidiani:apro la finestra, lei alza le lenzuola, gesto questo che mi da sempre l’idea di provare a rimuovere ogni tentazione ed impedire qualsiasi ripensamento.

Chi  scende per primo  accende la radio. RDS; Capital; RMC; a secondo di cosa trasmettono o forse dell’ultima volta che abbiamo mosso la sintonia.

Iniziamo a preparare per la colazione, lei apparecchia l’angolo della cucina, simpaticamente battezzato “tavernetta”, prende i vari biscotti, cereali mentre io mi occupo del caffè….e con molto successo, a quanto dice lei.

Mica un caffè qualunque, due macchinette in batteria o, direttamente,“l’artiglieria pesante”: moka gigante da otto tazze. Tutto normale se non fosse che siamo “solo” in due.

Il caratteristico fischio ci avvisa che il caffè sta uscendo e il suo fragrante aroma diffondendosi, riempie l’ambiente, le nostre narici e da un’ulteriore scossa ai nostri sensi che iniziano a pregustarne il sapore.

Gli orologi, da parete e dei due forni, rendono il tempo del tutto relativo dato che sono regolati in avanti al solo scopo di aumentare l’ansia e il senso di ritardo che in Francesca, ne sono sempre più convinto, è insito nel suo DNA.

Ma come ho appena detto il tempo è relativo e quella che dovrebbe essere  una prima colazione “mordi e fuggi” di quelle,tanto per capirci, del tipo un caffè al volo e un frollino mentre ci si lava i denti, diventa il primo degli irrinunciabili appuntamenti della nostra giornata.

Le due chiacchiere diventano quattro, poi sei, poi…poi…poi e alle campane della vicina chiesa di S. Gioacchino, il compito di ricordarci che sono le otto.

Ciascuno al proprio bagno per una rigenerante doccia. In genere lei parte svantaggiata perché deve anche truccarsi. Io,al contrario, dopo la rasatura che in genere richiede poco tempo, sono fuori in pochi minuti.

 

 

Fermo davanti allo specchio, accarezzo le guance e il “rasp” della barba mi ricorda che è ora di tagliarla, non c’è dubbio.

L’intreccio formato dalle venuzze, come la traccia della rete autostradale in una carta geografica, segnala che gli occhi avrebbero bisogno di riposo, e non solo gli occhi.

Facile…a dirsi.

Prendo la schiuma e ne spalmo un po’ sul viso con fare lento e carezzevole. Poi il rasoio.

Conclusa l’operazione tampono l’umido del risciacquo e lenisco il rossore con il balsamo; gli abiti, già scelti, mi attendono adagiati sul materasso.

Sono pronto.

Mi vesto,scendo e sbrigo qualche piccola faccenda per rendermi utile e recuperare tempo. Che so, riempio la ciotola dei gatti, vedo cosa dobbiamo portarci per affrontare la giornata…eh si, raro anzi rarissimo che si esca di casa a mai vuote.

Palestra, piscina, squash, yoga, una borsa al seguito è il minimo che ci si possa attendere senza dimenticare la borsa del pranzo.

Quel pranzo da sempre momento irrinunciabile delle nostre giornate non per il fisiologico bisogno me per quel puro piacere di staccare la spina e condividere, seduti l’uno di fronte all’altro, opinioni,sensazioni, emozioni. E poi la pausa pranzo riveste, per noi, un significato davvero speciale.

Ma questa, per adesso, è un’alta storia.

Il rumore dell’asciugacapelli mi fa riprendere da questa divagazione. E’ il segnale che Francesca è quasi pronta ed io sempre più ansioso di vederla apparire dalla cabina armadio.

Come ogni mattina lei è semplicemente meravigliosa.

Bella lo è di suo ma il portamento e l’eleganza con cui indossa indifferentemente capi eleganti  o più semplicemente un jeans su una polo la rendono irresistibile. E’ di una bellezza indimenticabile e davvero tratto distintivo della sua persona.

Ogni volta che la vedo non riesco a trattenere l’emozione, la gioia; l’ammirazione e inevitabilmente i complimenti vengono fuori a profusione, è così naturale.

Potremmo dire che il mio è uno sguardo da innamorato ma così, di certo, non è.

Sono di natura molto critico e severo ma soprattutto molto obiettivo e lo stupore e l’ammirazione che Francesca suscita in me non sono semplici e banali piaggerie.

Lei è stupenda…..per me e non solo.

Solo lei è capace di fare collimare l’idillico del mio immaginario con la realtà che rappresenta e che a volte mi da la sensazione di essere ben al di la delle mie risorse.

Francesca ha una bella casa. Arredata con molto gusto, mobili moderni con alcuni pezzi di famiglia perfettamente a loro agio in questo ambiente a due livelli.

Ha realizzato tutto con le sue forze, due anni di lavori; tanta ma tanta pazienza e forse l’inconscia volontà a non accelerare i tempi dato che il suo cuore lo ha lasciato nella casetta che precedentemente abitava a San Martino.

Ed io? Per quanto tempo ho disertato i miei sogni.

Mai avrei immaginato che Francesca avrebbe fatto parte del mio quotidiano, ignaro di trovarmi in un punto della mia vita in cui al naufragio segue la partenza per nuove terre promesse. Disorientamento senza disperazione anche se non smettevo mai di provare convincermi che le mie aspirazioni non la coinvolgevano. Anzi le sentiva del tutto estranee a tratti, forse, minacciose.

Eppure mi sorrideva , lo faceva spesso, anche nei miei sogni, anche in quei momenti in cui ci allontanavamo. Una distanza che a volte sembrava incolmabile con noi li, a guardarci da quelle due sponde opposte che adesso non contano più.

Come mi sento bene e rilassato.

Non avrei alcuna difficoltà a riaddormentarmi nuovamente sorridendo alla notte appena trascorsa. L’ennesima accanto a lei. Non la prima e nemmeno l’ultima.

Un sole pallido colora la città con tinte pastello, fuori è ancora tutto molto tranquillo.

La vita, poco a poco, inizia a svegliarsi, a muoversi con le luci dei lampioni che si spengono, le macchine scuotono i tombini e il passaggio metallico della Funicolare portato dal vento.

Segnali di vita del mondo che attende fuori, nell’attesa che tutto riprenda per milioni di individui, come lei e me, indistinguibili l’uno dall’altro.

Come fili d’erba.

 

Agosto 2010

 

Massimiliano Discepola

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