Frecce di luce, Claudia Manuela Turco

Frecce di luce

 

La scienza può spiegare il meccanismo che regola la natura,

ma non il fascino che essa emana.

 

*

La poesia è schegge di vetro impazzito nelle mie mani.

 

*

Nuvole arrestano l’emorragia del tempo che fugge.

 

*

Ho conosciuto il dolore del mare;

ho bevuto il suo veleno.

Nello scrigno della bellezza racchiude l’inganno.

 

*

Parole per ogni evo

ora in alto, ora in bassorilievo.

Tempesta di carta

su pareti assolate,

foresta di latta

tra pareti ingrate.

Parole per sogni e realtà,

parole per ogni verità.

 

*

Gigli imbrattati di sangue

per un uomo mai stato fanciullo.

 

*

Nella moltitudine pochi spilli di luce

aprono un cratere. Una voragine

nella cruna dell’anima intride

d’imperituro stupore.

*

Sorprendimi, cuore;

lascia che io erri.

Non temo i tuoi tetri misteri,

ma tremo come una stella inesperta

per il giorno che si avvicina.

 

*

Ho ridotto il presente a pochi oggetti.

Vi ho scorto il mondo intero.
Erano fragole o rubini?

vetri o cristalli?

Ieri o domani?

 

*

Odore di macerie,

fieno e benzina.

Una nuvola per cuscino,

un sogno per promessa.

 

*

Sotto un cielo caldo e fumoso

un libro cade in acqua.

Parole spezzate per vite alla deriva.

Per pochi istanti un arcobaleno

solca quelle pagine.

Parole alla deriva per vite spezzate.

Unica superstite una macchia di luce,

candida voragine di presagi nascosti.

Parole e vite alla deriva e spezzate.

 

*

Nel deserto dei suoni

odo repentine e tacite zampette di cane sul lastricato.
Il selciato si anima

e con esso il mio cuore.

 

*

La luna ondeggiava come una moneta,

metà bianca, metà nera,

infarinata come un Pierrot,

mentre un volto scavava

nella penombra di una stanza dimenticata.

 

*

Nel cuore dei cani

alberga l’anima di poeti estinti.

 

*

Veglia sul tuo cuore;

non smarrirlo.

Non permettere che strappino

le ali a una farfalla;

non permettere che strappino

grida a un fanciullo.

Forse anche il vento trema di paura.

 

*

Una freccia nella faretra,

un’impronta e il suo tacito piede

sulla sabbia ambrata,

in un duello segreto,

attendono il ritmo del mare.

Attendono il ritorno del mare.

 

 *

Dicembre senza neve,

eppure sento ancora sul volto

quella dispettosa cipria gelida.

Ancora avvolta nel cappotto rosso dell’addio,

senza il riflesso dei suoi giorni.

Un nuovo dolore

ha chiuso

la vecchia ferita.

Nessun fiore

per una lapide nera d’oblio.

Nessun fiore

per chi non ha voluto ascoltare

le ragioni che hanno reso impossibile

un sogno a lungo condiviso.

Un delitto perfetto

racchiuso in una eterna crisalide.

 

*

Un cielo grondante di luci spente

per un tempio in rovina.

Solo fusti di colonne e capitelli

in frantumi sparsi al suolo.

Corpi umani deflagrati

come in un quadro di Otto Dix.

 

*

Un lupo

incanta la luna,

un bacio sognato

apre una ferita invisibile,

un fascio di luce

chiude ogni feritoia e spiraglio.

 

*

Una lettera

e fui nuovamente libera.

Usai le parole più belle,

e furono le più crudeli.

Ritrovai i sogni più puri

e le verità più certe.

Scoprii il piacere pieno

del non desiderare nulla,

la gratitudine verso me stessa,

perché incapace di confondere

vita e inganno.

 

*

Un vecchio papillon di seta

riposa sul velluto

di occhi instillati

d’ambrosia.

 

*

Erano soltanto

distese d’erba

infuocate d’amaranto,

sognate melodie

di un carillon perduto

disperse in verdi vallate,

stelle di carbone

illuminate dal vento.

 

*

Soli testimoni

granito dilaniato

e sassi affogati nella terra;

un mesto traliccio s’insinua

nel paesaggio un tempo ridente;

isole architettoniche impazziscono

nell’amnesia

di una città giunta all’estrema deflagrazione.

 

*

Una stella smarrita

in una costellazione nemica

incide con profili taglienti

roventi specchi.

 

*

La notte,

sconfitta dall’invasione del giorno,

accusa di spergiuro

stelle snelle e oro scuro.

 

*

Questi piedi insanguinati

conoscono segreti

inaccessibili al cuore.

 

*

Palpebre serrate

da sabbie e oscurità incandescenti,

memori di arene e mausolei,

custodi di venature di alberi e marmi,

temono un vetro sottile,

oltre il quale nulla sembra accadere.

 

*

I tempi dell’attesa

fluiscono

su rosse corsie

di sangue rappreso.

A valanga,

investono e inondano

scale indifferenti da anni.

Due luci repentine

s’incrociano e sostano

sul medesimo gradino,

per poi spegnersi su sabbie remote

e illuminare un lontano anfratto.

 

*

Una crisalide

mai divenuta farfalla

e tre variopinti pappagallini

veleggiano nell’aria,

forieri di letizia e sonorità.

L’ineffabile,

Klee, Loos e Byron.

 

*

Una vera amicizia,

impressa in una vena d’oro,

raccoglie in un sacchetto

tessere musive di vite parallele.

Una mano paziente

svela sinopie

d’affreschi perduti.

 

*

In incubi ricorrenti

pesciolini d’argento

appesi al soffitto

sono pronti a divorare

la carta dei miei libri.

Ma non la loro anima.

 

*

Le facciate degli edifici

arretrano al mio incedere.

Aggraziate tortore

accolgono la pioggia copiosa.

Mi confondo tra loro.

 

*

Di una mostra di Rembrandt

rammento

ebrei in una sinagoga

e calde lastre di rame incise.

E tanti autoritratti fatti allo specchio.

Su una lastra di vetro

si riflettono il mio volto e la mia vita.
Distinguo soltanto

un trapezio bianco

su un foglio bianco.

 

*

I Mormoni,

a due a due,

forti della loro giovane bellezza,

conquistano la città;

invadono le strade,

riempiendole di sorrisi e luce.

 

*

L’armonia dei pezzi mancanti

è un’elegante pantera

che sfida il mondo.

 

*

Vivo la vita

come un quadrato su un cerchio.

Debordando.

 

*

Colonne e architravi

impigliati nella vegetazione

di un parco

divenuto immaginaria foresta.

Di arco in arco,

nella spirale di Lignano Pineta.

Da Piazza del mare

si leva un’alba rarefatta.

Il cielo fugge

in veli catturati

da reti leggere.

Il mare sprofonda

in una battaglia

di pesanti lastre di vetro sovrapposte.

Specchi e cristalli

travolti

da carta stagnola.

 

 

*

Il mio Vittorio

ha le labbra verdi

e un’aquila in petto.

Un lampo di cielo

ne attraversa lo sguardo,

i rossi capelli

travolgono e scuotono l’aria

in folli cavalcate,

il pallido volto

s’imperla d’ambrosia.

Dispregiatore di vizi e viltà,

duellatore indomito tra i perigli,

creatore di nitido avorio

e guizzi sanguigni,

generatore di un eroico vento impetuoso

che allontana e disperde

polveri e timori.

Corro sull’onda delle sue parole,

tra pagine di freschezza e ardore,

sulla scia lasciata dai suoi cavalli,

immersa nel suo “raggio vivificante”.

 

*

Frecce e sagitte,

saette, dardi e strali.
La mia vita

fluisce

in un arco sempre teso.

Frecce su binari mai paralleli

Frecce d’archi mai a tutto centro

Frecce tricolori senza patria

Frecce di campanili senza dio

Frecce prive di bersaglio

Frecce di direzione prive di destinazione

Frecce di Cupido ostili

Frecce di centauri mai vili

Frecce celesti di Sagittario
Frecce d’argento della McLaren

Frecce d’oro i miei cani

Frecce precise di vettori

Frecce improvvise dei parti.

Una faretra mai chiusa

e mai piena.

Frecce provenienti

da giorni remoti,

in attesa di fuochi futuri,

inarrestabili e scintillanti,

schiodano il tempo presente

da un albero ormai morto.

FRECCE DI LUCE,

frecce che rendono

le parole delle tenebre

labili e sfuggenti.

 

Claudia Manuela Turco

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