Collana di saggistica elettronica NEAPOLIS diretta da Roberto Pasanisi
5. Giancarlo Carioti, L’evirazione dell’edonos dall’arte moderna (Prefazione di Pietro Gulisano) pp. 54 2014 € 5 88-89203-92-7
Ed è così, che con l’ingresso dell’ Art Nouveau e dei suoi pittori e architetti, come ad esempio Klimt, – con la sua pittura, dai colori e dai segni, non più frammentari e discontinui -, riscopriamo l’immagine di un amore riunito nuovamente ad un illimitata realtà, a un trascendente che permea il tutto conferendo unità a un molteplice, a un vuoto; cambiamento inaspettato del precedente concepire e vivere una realtà con disgusto, frutto di una stanzialità dogmatica nella quale l’immagine, come nelle memorie di Gauguin e Van Gogh, diventa cornice a un esistenza schiacciata dalla colpa e dall’ansia edipica. Pittura, come quella di Matisse, con immagini gentili rese con tinte minacciose, immagini che tentano un riconoscimento nel divino ma infangate dal nostro peccato e dalle nostre meschinità. Metafora realizzata nel Les daimoiselles di Plablo Picasso, dove l’artista ci da l’immagine di cinque mostri, in realtà cinque bellezze femminili deturpate dal vizio, costruzione di un bello appositamente violentato nella sua natura e dove l’artista reclama un diritto di condivisione alla sua “Tragedia personalis”.
Solitudine dell’artista e affermazione della sua transitoria identità che arriva addirittura a frantumare l’amore per il figurabile; l’opera, come nelle espressioni pittoriche di Georges Braque diventa non più comprensibile, frutto di una vita e di un sistema sociale altrettanto incomprensibile e al quale l’artista si oppone tentando di terrorizzandoci con l’enigma, col non scorrere un identità piena e rassicurante della realtà, per cui l’incertezza, il dubbio, e la non compiuta determinatezza può provocare sofferenza.
Stati emotivi costruiti in una identità carica di costrutti di ribellione dello spirito contro la materia, coscienza soggettiva dell’artista che si esprime nell’interpretare una realtà esterna, non più obiettiva ed esistente a priori nella sua essenza se non nella visione soggettiva dell’artista; è l’anima dell’artista che irrompe nella realtà connotandola di significati simbolici propri della sua identità.
Come sottolineato dall’autore, l’arte, mettendo in discussione forme e contenuti arriva a diventare “irrapresentazione”, ma ad essa si contrappone una “scienza del bello” ; ad esempio in Henry Van de Velde e Victor Horta, due geni dell’architettura moderna riscopriamo la bellezza e l’autentica delle forme e dell’esperienza creativa.
Affabile lettore, ti lascio alla lettura di quest’opera, di questa guida che avvia alla comprensione, alla conoscenza e alla ricerca, di un integrazione coerente e preziosa di un sapere, sostenibile nelle diverse e molteplici espressioni dell’arte moderna, fra etica ed estetica.
Pietro Gulisano