In fine
Non tutti lo stesso filo lega:
quello di cui tu hai lasciato un capo
aveva due spessori.
Sottile dal tuo lato, robusto verso me,
di noi faceva più che madre e figlia.
Io ti tenevo ma tu più non volevi:
“Senza moto né riso, che vita mi comandi.”
Pure bastava.
Ora cresce il silenzio.
Non quello che ristora dal rumore:
quello tremendo che ingoia il nome detto,
quello che sradica il timbro della voce,
quello che srotola l’oblio sulle carezze.
Rivederti?
È pensiero che non sale alla speranza.
Dimentica è la gatta, che ora si stende su di me.
Ti attende invece l’ago, in sosta sull’orlo di una gonna.
Dice di mani che seppero ogni arte:
incisero la terra come sfogliassero le pagine di un libro.
Sono a casa.
Non ti aspetto, ma ti cerco in ogni stanza.
Incontro le tue foto e tanto basta:
mi viene da parlarti e so che ascolti,
accolta in un dove che mi esclude.
Bela la capra:
è una voce, ma chiede solo cibo.
26 luglio 2009