Làbrys-Opus Magnum de Labyrinthismo (Labirintismo), Mauro Montacchiesi

Làbrys-Opus Magnum de Labyrinthismo (Labirintismo)

 

La presente opera di saggistica è l’Opera Omnia labirintista dell’autore e si compone di:

    Labirintismo in brevis nell’essenza (Prefazione dell’autore)
    Prefazione del Prof. Massimiliano Badiali, ideatore e fondatore del Movimento Labirintista
    Presentazione del Labirintismo a cura della Dott.ssa Pasqualina Genovese D’Orazio, Presidente dell’Accademia Internazionale Francesco Petrarca di Capranica (VT)
    Il Diorama del mio Labirinto (Opera di saggistica labirintista)
    Matteo l’avvocato (Narrativa labirintista)
    Sic volvere Parcas (Opera di saggistica labirintista)

 

Labirintismo in brevis nell’essenza (a cura dell’autore)

 

Parlando di Labirintismo, si fa sempre molta confusione sul suo reale significato. Spesso lo si confonde con la labirintite. Esordirò, quindi, con una prefazione che verge al chiarimento etimologico e semantico di tre termini: Labirinto, Labirintismo e Labirintite.

***Etimologia del termine LABIR-INTO:

LABRYS-(prefisso)=bipenne, ascia doppia=scegliere quale lama usare o, per traslato, quale via scegliere.

-INTO (suffisso)= dal greco “inda”=gioco, luogo (in quest’ultimo significato è legato al Palazzo di Crosso, sede della Labrys sacra).

*** Differenza tra Labirintismo e Labirintite:

-ISMO (suffisso)=teoria, dottrina, …

-ITE (suffisso)=infiammazione***(labirinto=complessa struttura dell’orecchio interno in cui sono raccolti alcuni organi come, ad esempio, il vestibolo e la coclea, che regolano l’udito e l’equilibrio.

***Il labirinto, sia architettonico sia letterario, si presta a varie simbologie e metafore che hanno affascinato le menti più insigni di tutti i tempi, tra cui Dante, Ariosto, Calvino, Freud (psicanalisi), Jean Piaget (psicologia) (psicologo svizzero 1896-1980). I filoni interpretativi del Labirintismo sono principalmente due: quello laico e quello religioso.

***Il Labirintismo laico, in cui Teseo è l’iniziato ed il Minotauro è il suo male, è il più antico.

Qui Teseo rappresenta l’uomo dalla sua comparsa sulla Terra, che dovrà superare un’infinità di prove esistenziali per la sua evoluzione, grazie alla ragione.

***Il Labirintismo religioso, in cui Teseo rappresenta l’uomo pellegrino sulla Terra, che dovrà uscire dal labirinto in virtù della fede. Il Labirintismo religioso nasce intorno all’anno 324 d.c.,

sotto Costantino il Grande. In questo anno viene dipinto il primo labirinto pavimentale, nella Basilica di Reparato, ad Orléansville (El Asnam-vicino ad Algeri). Al centro, al posto del Minotauro, vi è una serie di lettere che può essere “labirinticamente” letta in un molteplice numero di modi, dando luogo alla medesima espressione: “SANCTA ECCLESIA”! Molti studiosi vedono nel labirinto un processo di iniziazione. Il dedalo è molto complesso per chi lo deve percorrere. Le sue sinuosità ed i suoi intrichi mettono a dura prova soprattutto le facoltà psichiche, oltre a richiedere una grande padronanza del corpo. Il viaggiatore è costretto continuamente ad affrontare il problema più pressante dell’esistenza umana, quello della scelta, ben consapevole che soltanto una delle due vie che si biforcano davanti a lui è quella giusta. L’altra, invece, porterà ineluttabilmente a sbagliare strada ed a cadere nel vortice implacabile dell’errore e della perdizione. Molto sinteticamente: nel Labirintismo laico, Teseo è l’iniziato che deve superare molte prove esistenziali. Teseo deve uccidere il Minotauro (il suo male) e poi uscire dal labirinto grazie al filo di Arianna (la ragione). Nel Labirintismo religioso, Teseo è il pellegrino sulla Terra che, dopo aver ucciso il Minotauro (il Demonio e le sue tentazioni), può uscire dal labirinto esistenziale solo grazie al filo di Arianna (la fede). Quindi l’uomo ha due strade da percorrere per uscire dal labirinto esistenziale: il filo della ragione o quello della fede. Da ricordare che nell’Antica Grecia, il filo aveva una simbologia legata alla vita:-Lo stàme, il filo, delle tre Parche o Mòire: Clòto lo filava, Làchesi lo tesseva e Atropo (la Morte), con lucide cesoie, lo recideva!

*

Prefazione di Max Badiali

 

Labirintismo di Mauro Montacchiesi è sincresi e eidon di un mondo di immagini: è un deposito della memoria, un engramma, derivato dalla condensazione di innumerevoli esperienze subconscie del poeta, di un ego ormai schizoide e dissociato, di un irresoluto Ulisse, incalzato dai propri sommovimenti interiori. Il suo viaggio nel labirinto è, dunque, un iter mentis, che si attua nella perdita della superficie, nel dedalo della percezione attraverso una scrittura ricca di continui echi e rifrazioni su se stessa, ebbra di incastri e di raddoppi che conducono alla propagazione di un orizzonte ostruito o reiterato, che compone e ricompatta anularmente il cammino dell’io nel dedalo. La dimensione poetica diviene circolare, indistinta fra interno ed esterno (per gli incastri mente-cuore, i cerchi ragione-fede), poiché esemplifica gli affondamenti nell’universale voragine del nulla e la concezione di assurda casualità e impenetrabilità del reale. Ogni grafema e morfema scritturale è intarsio irripetibile del puzzle della coscienza, poiché l’io del poeta risale dal proprio microcosmo anulare e diventa protagonista di un’avventura onirico-metafisico-estatico-esoterica: l’avventura panica e mitica di Teseo. Un nuovo Ulisse, che canta la teoria della relatività d Einstein dittico dell’hic et nunc e  il principio di incertezza o indeterminazione di Heisenberg. La poesia labirintista montacchiesiana nasce, dunque, dalla percezione del caos, per cui il viaggio iniziatico-propiziatorio del nuovo Teseo labirintista avviene in un mondo chiuso, anulare e delirante fra i ricordi, oppresso da un senso di clausura che nasce dall’isolamento e dallo spazio ambiguo, percepito come qualcosa di soffocante, in un’attesa stagnante ed anulare, incarnazione di un’esistenza perennemente delusa, le cui dimensioni spazio-temporali conducono irridentemente al nulla. L’orizzonte poetico, inoltre, appare sull’orlo di due voragini, quella del dedalo esterno (o mondo), quella del dedalo interno (o io). Il viaggio iniziatico del nuovo Teseo montacchiesiano è un eterno ritorno nel meandro interiore dell’Ego e l’Es, nella razionalità e nel sentimento: è un iter come catabasi (o come discesa dall’alto al basso nel labirinto dell’Es con l’intelletto e apparente risalita con il linguaggio) e come anabasi (o come viaggio dell’io nel labirinto dell’Ego da una direzione e da una superficie all’altra del cuore, nonché l’eterno ritorno al punto di partenza come anelito accorato di fuoriuscita attraverso la fede), di due piani opposti in verticale e in orizzontale, di ragione e cuore, senza tangenza alcuna, privi di qualsivoglia punto d’incontro, ma a direzione concentrica e infinita.  Di un fiore di Venus, incipit della silloge, ove il poeta esprime a chiare lettere la razionale discesa nel labirinto, è l’esposizione programmatica del viaggio come catabasi:

 

Lentamente lascio calare le palpebre.

La mia mente inizia la sua catabasi,

inizia a percorrere le profonde, tortuose anse,

dei segreti, impenetrabili sentieri del mio labirinto.

La mia mente non vede, la mia mente ha percezioni

oggettivamente icastiche di quella realtà che non vede.

 

Sinestesie, enjembement, arcaicismi e neologismi rendono il linguaggio delle liriche un geroglifico da interpretare, puzzle del labirinto da ricomporre: mélange di onirismo (Spettri muti) e di apocatastasi (Nell’essenza del nulla). Un processo razionale, attraverso cui, il poeta riveste fastosamente il linguaggio, tale da poter essere denominato Labirintismo estetizzante. Tale commistione creativamente geniale di tradizione e modernità diviene un puro virtuosismo etimologico, eziologico e semantico, attraverso uno sperimentalismo tale che consente di denominare Mauro Montacchiesi il D’Annunzio del Labirintismo. Un linguaggio innovativo che riporta l’Olimpo nella contemporaneità, come nella poesia Un sofocleo atelantropo, ove Kirk rima gozzanamente con quid:

 

Tra utopia e chimera,

tento un’endoscopia del mio labirinto

e lì mi vedo come una stella nana,

compagna di viaggio

di una stella che non ha mai brillato!

E lì mi vedo come la deflagrazione

di un Big Bang che non si è mai espanso!

Sentimenti, pensieri, volontà:

sono elementi alieni al mio labirinto,

forse mai geneticamente immanenti!

E lì mi vedo, come Kirk,

il Comandante di un’Enterprise mai costruita,

che naviga, senza navigare,

in un cosmo mai generato,

che naviga, senza navigare,

nelle psichedelie di un metempirico quid,

che ha fatto di me un sofocleo atelantropo!

 

Il labirinto è razionale dannazione e eterno dolore, poiché è “alienazione farneticante di un cosmo abiotico (….)E’ un’utopia, uno xenòide(*), un ossimoro(*) esistenziale, che pensa senza pensare, che sente senza sentire, che piange senza piangere! (Ma allora, chi?) ed è soffocamento apnoico e limitazione cognitiva. L’anabasi si presenta, invece, come il viaggio concentrico del cuore del poeta su se stesso: è il Labirintismo interiorizzato o  il diario intimo della ricerca di un equilibrio di un animo prigioniero di uno spleen, concentrico, ellittico e esoterico nel dedalo del labirinto dell’Ego. Le liriche dell’anabasi sono l’iter nell’inconscio, ove il daimon del nuovo Teseo, pur navigando senza bussola tra spettri e tra amnesie (Vascello fantasma), ebbro di repulsione e disgusto (Ma cos’è la stucchevolezza), sembra raggiungere per un attimo il punto zero dell’equilibrio nel dedalo della coscienza : “Rileggo poesie/ che avevo dimenticato!/ Riaffiorano momenti, sensazioni che mi avevano turbato!/ Rivivo un amore scomparso!/ Tutto diventa adesso indistinto/ nei meandri del mio labirinto! “(Rileggo Poesie), attraverso un’onesta autoanalisi inconscia: “Qualcuno mi ha obbligato ad entrare nel mio corpo/ per dare struttura al mio labirinto,/ senza che io abbia fatto qualcosa ,/ senza che io ne abbia dato il consenso!” (Come in una glauca notte). Il Labirintismo interiorizzato diviene, al contempo, anabasi di delirium tremens, di iperuranio  e di metempsicosi: “Il mio labirinto sembra/ il tourbillon di un inchiostro di pece,/ il delirium tremens steroide. /la rotazione illusoria/ che circonda l’assenza di materia,/ e in quest’assenza di materia,/rimangono paradossalmente sospese/ le sue platoniche anamnèsi/ le sue idee,/ a lungo meditate nell’iperuranio,/ prima di questa nuova metempsicosi! (Come in un turbine)”; è  poesia pura: “Il mio labirinto,/ è un asse di rotazione/ che su sé stesso come una trottola prilla,/ solo in virtù di un’asimmetria delle sue cupe voragini (Come una trottola)”. Il viaggio dell’anabasi è, inoltre, ricerca metafisica e epifanica , come espresso In quegli antri streptocori : “Nel mio labirinto/ del mio unico Dio del mio Dio universale/ epifania mai v’è stata”, nonché una ricostruzione mnesica nel dedalo esistenziale, come leggiamo in Anabasi:

 

Anabasi di un urlo agghiacciante

klimax che flebile nasce da

imi precordi d’un labirinto plumbeo

urlo agghiacciante che invade la mente

la mente

fiume abiotico velato di bruma

urlo agghiacciante che rompe gli argini

che si aderge libero impetuoso

nell’etra priva di voci di suoni

nell’etra muta

urlo agghiacciante finalmente libero

dai limiti asfittici della materia

urlo agghiacciante sinapsi tra

imi precordi d’un labirinto plumbeo.

 

Dentro il cerchio del labirinto, il poeta ha creato il suo universo, dove illusione e disillusione convivono in disarmonica complementarità in armonie opposte e in dure avversioni, che designano la claustrofobica e centripeta condizione di un animo che volutamente si chiude nel triangolo dedalico dell’Es. Fuoriuscire dall’inconscio della soffitta chiusa diviene talvolta un’irrefrenabile e inconscia volontà dell’animo del poeta. Una forza centrifuga lo libera dal finito del cerchio della anabasi e dalla claustrofobia del triangolo dell’anabasi, quando la ricerca dell’infinito diviene ossessione opprimente dell’animo, prigioniero platonico di un corpo che non gli consente di sentire o meglio di consentire. In questo labirinto umano di desolazione, il poeta ammette a se stesso che il suo microcosmo dedalico a forma circolare è sinodo di vuoto cosmico e di consapevoli e inevitabili, anche se subitanee, illusioni. Ed è allora che dal microcosmo circolare e meandrico che l’animo cerca di fuoriuscire per affrontare la disarmonia del caos e il dolore arcano della condizione universale, ma qualsiasi anabasi o catabasi implicano un eterno ritorno al punto iniziale: l’uscita, dunque, non è che l’entrata, tanto è vero che si emerge dal labirinto solo se vi si rientra, poiché l’esistenza, come espresso in Le Moire, è un nodo gordiano senza testa né coda:

 

Un plesso inestricabile

il mio labirinto eternamente sarà!?

Clòto ha filato lo stame del mio labirinto,

Làchesi lo ha svolto sul fuso,

Atropo, con lucide cesoie,

inesorabilmente, finalmente,

senza dolore, lo reciderà!

 

In alternativa alla morte, il nuovo Teseo montacchiesiano offre due soluzioni (che sono peraltro quelle proposte dalla pièce Labirinto Zero di Massimiliano Badiali, Manifesto eziologico del Labirintismo), rappresentate dall’arte e dalla fede, come leggiamo in She’ ar Harahamim:

 

Il mio labirinto

cimento ch’io

argonaut’errabondo

non oggi Tesèo

affrontar devo

prim’ancor d’approdar alle sponde della

Gerusalemme Celeste.

 

Per Mauro Montacchiesi, il D’Annunzio del Labirintismo: “L’arte è il filo d’Arianna che permette l’esodo dal labirinto: è il labirinto zero” (Massimiliano Badiali Manifesto del Labirintismo), come leggiamo nella poesia Nell’essenza del nulla:

 

Sentire

la vacua deflagrazione pristina alla genesi

dell’indistinto

dello zero in cui è celata ogni probabilità

del non identificato

dell’uovo cosmico

che racchiude l’ermafrodito.

 

La silloge di Mauro Montacchiesi incarna in toto la Weltaschauung del Labirintismo che propone l’avventura del labirinto che diviene la storia di chi torna a galla dal dedalo della personalità e diviene consapevole del proprio inconscio: “Labirintismo perché? Ascrivo al Labirintismo un’ ermeneutica esistenziale! Lo contemplo come una mia istanza inderogabile di approdare AD IMA FUNTAMENTA, ovvero ai miei più imi precordi, là, nell’ ostello dei miei sentimenti, delle mie emozioni, con l’auspicio di far luce tra i meandri del mio intricatissimo plesso interiore o, paradossalmente, da esso trarre luce da portare in superficie” (Mauro Montacchiesi, Manifesto del Labirintismo), Weltaschauung di una fitta trama simbolica, che, a tratti inconscia, ma per lo più intellettualistica, carica le pagina di un alone orfico e anamorfico, nonché di una misteriosa capacità di comunicazione e di una quasi medianica lettura dell’invisibile.

Prof.  Massimiliano Badiali-Ideatore e fondatore del Labirintismo

Presidente Onlus Mecenate di Arezzo

*

*

Presentazione testo “Labirintismo” di Mauro Montacchiesi

Accademia Francesco Petrarca di Capranica (VT)

Premio Letterario “Il Novo Vate” ed. 2009

Viterbo, Sala della Provincia, 10 settembre 2009, Patrocini:

Regione Lazio, Provincia di Viterbo, Comune di Capranica, Casa della Letteratura Roma, UPTE.

“PREMIO DELLA CRITICA”

“Il poeta riconosce gli inevitabili cambiamenti del poetare e li affronta coraggiosamente!”

Presidente del Premio: Pasqualina Genovese D’Orazio-Presidente di Giuria: Francesco Mauro

Presentazione testo a cura della Dott.ssa Pasqualina Genovese D’Orazio-Saggista artistico-letterario

 

*Inizio l’analisi del testo poetico “LABIRINTISMO” di Mauro Montacchiesi con in mente il pensiero filosofico di Giordano Bruno: <<Dio è un’unica identità di struttura, indi un’unica geometrizzazione cosmica…>> Un testo che senza dubbio sarebbe piaciuto al sapiente Alessandro Manzoni, che tanto amava e sosteneva la “nuova lingua”, infatti questo nuovo modo di esprimersi, presente nel testo, rappresenta una “nuova libertà di pensiero”. Un manifestare basato su un meccanismo “Hegeliano”, un automatismo metafisico, figlio di un idealismo alienamente ribaltato.

Il conflitto tra Libertà ovvero Spirito, e Necessità ovvero Natura (per Schelling “A”=”A” Assoluto, “A”=”B” Dio, ovvero rivelazione dell’Anima nel VIVERE) è fortemente presente nel piccolo tomo, ove pedagogicamente si alternano estrosi versi. La noumenica idealizzazione si avvince e si convince nei concetti poetici dello scrittore, tensionandosi nel bisogno di noiarsi, contrapponendosi alla “Leibnizzazione”. Questa brama di comporre appartiene al “nuovo figlio del secolo”, essere nutrito da vita oscura, incerta, nauseante, colpito da magistrale forza irrazionale, “scissante” in quel “SE’”. L’evoluzione lirica di Mauro Montacchiesi, propone “ L’INCONDIZIONATO EVOLUZIONISMO SPENCERIANO”, che inevitabilmente si misura coll’inspiegabile “MISTERO”! Poeti come il Montacchiesi, Nietzsche li avrebbe definiti “ESALTATORI”, e di riflesso li avrebbe racchiusi nel “NICHILISMO ATTIVO”, mentre Peirce li avrebbe postulati nell’ “ETNOMETODOLOGIA INTERPRETATIVA”.

*

Il Diorama del mio Labirinto (Labirintismo)

Prefazione bis dell’autore

“Labirintismo: perché? Ascrivo al Labirintismo un’ermeneutica esistenziale! Lo contemplo come

una mia istanza inderogabile di approdare AD IMA FUNDAMENTA, ovvero ai miei più imi precordi, là, nell’ostello dei miei sentimenti, delle mie emozioni, con l’auspicio di far luce tra i meandri del mio intricatissimo plesso interiore o, paradossalmente, da esso trarre luce da portare in superficie.” Mauro Montacchiesi

 

Il presente elaborato è costituito da 34 pagine formato A4. Inizia con un glossario dei termini parasintetici costruiti dallo scrittore. Segue con 32 riflessioni poetico-labirintiste, per continuare con il Diorama vero e proprio, che intende dare una descrizione ovviamente personale e congetturale del proprio labirinto e, per analogia, di quello umano in senso lato. L’elaborato si conclude con ulteriori tre riflessioni poetiche labirintiste. Il labirinto è sommariamente descritto come 11 specchi distribuiti sul corpo umano, che si trova in posizione supina all’interno dello stesso labirinto. Una parte centrale (testa, tronco e gambe), due braccia (destra e sinistra). L’elaborato si conclude con tre riflessioni poetico-labirintiste. Glossario del Labirintismo: I termini parasintetici qui riportati sono stati coniati sulla base del Dizionario De Mauro-Paravia e sulla base dell’Enciclopedia Sapere. Alcuni accenti non sono esatti, perché mancanti su tastiera.

 

anatetico= da anà: verso l’alto, in alto+ thésis: posizione

aniloide= da an: alfa privativo eufonico+ hyle: materia+ oeidos: forma, somiglianza

aniloismo= da an: alfa privativo eufonico+hyle: materia+ ismo: stato, condizione

arrenoide= da àrrhenos: maschio+oeides: forma

atelantropo= da a: alfa privativa+ teles: perfetto+ànthropos: uomo

austrotropico= da austros: sud+trépo: volgere in direzione di

boreotropico= da boreos: nord+trépo: volgere in direzione di

cacotrofismo= da kakòs: cattivo+trofismo: nutrimento, stato di nutrimento

catatetico= da catà: verso il basso, in basso+ thésis:posizione

cosmotesmosofia= da kòsmos: ordine, mondo+tèsmos: legge+ sophia: conoscenza

cryoplasto= da cryos: freddo, gelo+plassein: formare, da cui “cosa formata”

diedrico= da di: due+hèdra: base, faccia

egosofia=da ego+sophìa: coscienza, conoscenza, conoscenza esoterica

fenomorfologia= da phàino: far apparire, apparenza+morfologia

idiomorfismo: da ìdios: proprio, caratteristico+morfismo

infratetico= da infra: in mezzo, più in basso+thésis: posizione

iperdolico= da iper+dolichòs: lungo

mesotattico=da mésos: medio mediano e da thésis: posizione

metabiosi= da mèta: con, insieme, aggregato, ecc…+biòsis: condizione di vita, vita

olomeria= da hòlos: tutto+méros: parte, porzione

olosofia= da hòlos: tutto, intero+ sophia= conoscenza, sapere…

ontotelismo=  da òntos: essere, esistenza+ teles: perfetto

ortarchia= da orthòs: corretto, giusto, esatto, …+archo: essere a capo di

ortosofiognosia= da orthòs: corretto, giusto+sophia: conoscenza, credenza esoterica,

sapere+gnosis: conoscenza

ortotassia= da orthòs: corretto+taxis: disposizione, ordine, schieramento

ortotetico= da orthòs: diritto+thésis: posizione

pleomorfosofia= da plèos: in abbondanza eccessiva+morfo+sofia=esoterismo dalle forme

eccessive, abbondanti

proteimorfismo= da Protéus: divinità marina che assumeva molte forme+morfismo

sofiognosia= da: sophìa: conoscenza, credenza esoterica+gnòsis: conoscenza, percezione

stereocronia= da stereòs: spaziale, temporale+chrònos: tempo

steroide= da stereòs: spaziale+oeidos: somiglianza, forma, relazione

streptocoro= da streptòs: contorto+ chòros: spazio, regione

tanatoide= da thanàtos: morte+ oeidos: forma, somiglianza, relazione

teratofania= da téras/tératos: mostro+ phainestai: apparire

trimerico= da tri+méros: parte

xènoide= da xénos: strano, estraneo, stranieri+oeidos: forma, somiglianza

xifoide= da xiphos: spada+oeidos: forma

…di un fiore di Venus

 

Lentamente lascio calare le palpebre.

La mia mente inizia la sua catabasi,

inizia a percorrere le profonde, tortuose anse,

dei segreti, impenetrabili sentieri del mio labirinto.

La mia mente non vede, la mia mente ha percezioni

oggettivamente icastiche di quella realtà che non vede.

La mia mente ha percezioni sinestetiche

del buio che non vede, del freddo che non sente,

dell’umidità che non la penetra.

Poi, disperatamente, nel fondo del mio labirinto,

percepisce una botola che si disintegra,

una botola che la fa precipitare ancora più giù,

oltre quel fondo che credeva invalicabile confine,

centripetata da un maelstrom,

che la risucchia, nella percezione di un bènthos

e lì, paradossalmente, in un caleidoscopio di metazoi,

vede, sente, s’inebria di un fiore di Venus,

blandito da tèpide acque.

Questo simbolo di amore eterno,

ha ridato speranza alla mia mente,

che vagava in una brughiera di superficie,

che è colata a picco,

che non ha toccato il fondo soltanto perché è andata,

attraverso, oltre il fondo,

che è stata centripetata da un maelstrom,

per scoprire, per capire,

che ovunque, che inopinato, si può trovare l’amore.

Una liturgia mistagogica

 

Nel mio labirinto di specchi

si rifrange il glissando di una cetra orfica!

La mia scettica acatalessia

non mi comporta, invero,

di comprendere se sia lo stesso,

mitico aèdo Orfeo, col suo plettro,

a blandirne le corde!

E laggiù, in quel mio diorama,

in quella mia grande tela di scene dipinte,

dove giochi di luce tutto fanno sembrare reale,

ma dove tutto è una Fata Morgana,

laggiù, nei penetrali,

nei plessi più reconditi del mio labirinto,

avverto, senza vedere, una liturgia mistagogica

che mi centripeta, che mi coopta,

ma che poi mi centrifuga verso l’ascetica anagogia,

verso la catarsi dell’anima,

unici egressi dalla reclusione della materia!

Il mio pensiero è…

 

Orfeo, amico mio!

Smettila di far vibrare la cetra!!!

Ho bisogno di pace, di chiudere gli occhi,

di scendere in fondo!

Voglio rivedere il passato,

voglio risentire le voci.

Rivedere, risentire,

tutto ciò che non ho capito,

tutto ciò che non ho sentito.

Ed ecco, repentinamente,

si congela il mio pensiero.

Pensare, per me è indispensabile,

respirare, non lo è!

Io sono un aniloide,

anatematizzato ad essere un aniloide.

Il mio pensiero è un cryoplasto,

una stalattite di ghiaccio,

la scettica epochè del mio aniloismo,

che perturbabilmente imperturbabile,

nulla accetta, nulla ricusa,

nulla afferma, nulla nega.

Così,

tra i paradossali meandri del mio labirinto,

l’aroma vitale ancora respiro,

delle più sofisticate utopie.

Un sofocleo atelantropo

 

Tra utopia e chimera,

tento un’endoscopia del mio labirinto

e lì mi vedo come una stella nana,

compagna di viaggio

di una stella che non ha mai brillato!

E lì mi vedo come la deflagrazione

di un Big Bang che non si è mai espanso!

Sentimenti, pensieri, volontà:

sono elementi alieni al mio labirinto,

forse mai geneticamente immanenti!

E lì mi vedo, come Kirk,

il Comandante di un’Enterprise mai costruita,

che naviga, senza navigare,

in un cosmo mai generato,

che naviga, senza navigare,

nelle psichedelie di un metempirico quid,

che ha fatto di me un sofocleo atelantropo!

Ma cos’è la stucchevolezza…

 

Oggi ho una sensazione di malessere,

un intenso desiderio di rigettare!

Sudorazione, salivazione eccessive!

Senso di repulsione, di disgusto,

causati dalla stucchevolezza degli stereotipi.

Ma cos’è la stucchevolezza degli stereotipi,

se non la stucchevolezza del mio stesso stereotipo!?

Ogni istante trascorso adesso è diverso,

in quanto adesso non è prima!

Ogni istante è quello che è,

in quanto mai ce ne è stato altro simile!

L’uguaglianza assoluta,

la corrispondenza perfetta,

esistono solo nel mio labirinto,

che fallacemente tutto,

adesso, rende simile!

La realtà è un polimero,

ridotto a monomeri

ora uguali, ora diversi tra loro,

una serie di angoli ben definiti.

Ma il mio labirinto difetta di nuovo

di rifrazione, di messa a fuoco,

e tutto ridiventa confuso, imperfetto,

e così, disperatamente, irrimediabilmente,

si disorienta e si perde nella foschia densa,

nella foschia umida del suo eterno diallelo!

Ma allora, chi?

 

Il mio labirinto è come un luogo

di dannazione e di eterno dolore

che mi sogghigna, negandomi, tuttavia,

pure il cinico, ma reale, quasi umano,

sogghigno dei demoni.

E’ l’alienazione farneticante di un cosmo abiotico.

Il tanatoide itinerante coartato

a vagare effimeramente nel mondo della materia!

E’ l’esplosione di tutte le stelle

e galleggia nell’assenza di luce,

sconquassato da una tempesta cosmica,

non con una potenza divina che l’abbia ordinato.

Ma allora, chi?

E’ un’essenza priva di sé stessa,

che vaga nel buio di una notte mai calata.

E’ un’utopia, uno xenoide, un ossimoro esistenziale,

che pensa senza pensare, che sente senza sentire,

che piange senza piangere!

La mia anima è spirata al suo primo vagito

ed il mio labirinto non l’ha mai incontrata!

In quegli atri streptocori

 

Ad orto nel mio labirinto

vagisce una tremula stella

ad occaso un’altra singultando si eclissa.

Nel mio labirinto del mio unico Dio

del mio Dio universale

epifania mai v’è stata.

Laggiù

mai teo- bensì teratofanie

bensì psichedeliche chimere.

Adesso soltanto reliquie di un chrònos

di un chrònos alieno ad ogni alfa

di un chrònos alieno ad ogni omèga.

Tutti i riverberi dei miei teratoidi

delle mie chimere

mie inscindibili ipostasi

chissà perché sembrano avere

un sempre più sapido aroma.

Priva di luce

la ragione insiste a concimare

una terra solo un tempo ferace.

Alienato il mio labirinto

coltiva la paradossale utopia

dei suoi ancestrali feticci.

In quegli atri streptocori

una stella neonata altro non è

che un’effimera vibrazione di luci.

La mia anima ha abiurato alla catabasi

negli inferi del suo labirinto.

Il suo il mio labirinto

è tornato ad essere opaco

troppo catafratto

per la mia ormai anodina mente

nonostante i barlumi

di una neonata stella innocente.

Ha bisogno di requie

 

Il mio labirinto vuole fortemente, velocemente

alienarsi da questo posto.

Alienarsi da ogni cosa di cui ha già nozione.

Alienarsi da tutte le cose per cui nutre un sentimento.

Il mio labirinto vuole fortemente,

velocemente alzarsi in volo

e non per planare nelle favolose ricchezze

di leggendari eldoradi.

Gli andrebbe di planare

in un misero pueblo o in un convento di clausura,

purché non ricordino questo posto.

 

Mauro Montacchiesi

Visite totali ad oggi

Istituto di Cultura di Napoli via Bernardo Cavallino, 89 (“la Cittadella”) 80131 - Napoli tel. +39 081 5461662 fax +39 081 2203022 tel. mobile +39 339 2858243 posta elettronica: ici@istitalianodicultura.org

Realizzato da ADS NETWORK