PICCOLO LETTORE SENESE RACCONTA
(Impressioni sul romanzo L’orso di roccia di Vittorio Campanella, ICI Edizioni)
Sai,a volte in internet, si cerca di dare ad un’e-mail un titolo vivace o ironico, per attirare l’attenzione
o per sdrammatizzare.
Così anch’io, quella volta,cercavo un oggetto che alludesse al gioco.
Decisi di scrivere “Piccolo lettore senese”, parafrasando il titolo di un celebre racconto e
volendo evidenziare lo scambio di ruolo fra lettore e scrittore, che si era creato, tra Vittorio Campanella
e me, da quando avevamo cominciato a regalarci reciprocamente i libri, a incontrarci di persona e a
mandarci osservazioni via e-mail.
Inoltre la parola “piccolo” mi serviva a stabilire una gerarchia di valore, poichè ero (e sono) ben consa
pevole di non possedere strumenti adeguati per fare un serio discorso di inquadramento critico, come il
lavoro letterario di Vittorio meriterebbe. Inoltre, anche se ho letto un discreto numero delle sue opere,
( benché quasi niente in confronto alla sua produzione letteraria, che spazia tra poesie, saggi e una ventina
di romanzi ), è proprio la qualità del suo lavoro che lascia con il senso che ci sia ancora qualche aspetto
da considerare, qualche motivo da approfondire.
Ad ogni modo, superando le mie titubanze e timidezze, gli spedii queste impressioni sul suo romanzo da
poco pubblicato, ” L’orso di roccia”.
“ Ci sono dei momenti di più intima commozione, magari mentre guardi
l’ultimo orizzonte; magari mentre ti senti confuso con quella luce che stai fissando.
A volte, ne scaturiscono parole, che poi ti aiutano a ricordare, a calarti di
nuovo in quell’ atteggiamento. E’ come vivere in un’altra dimensione. Scatta
la certezza di ritrovare la parte più autentica di se stessi; e anche la convinzione che questa autenticità, di sicuro, in un simile atteggiamento,
anche altri la possano sperimentare.
Allora, questi sono anche i momenti di più vasta comunicazione.
Quando ti senti parte di quell’ aria che respiri e che poi diventa una
componente del tuo stesso corpo.
Ma non è un travalicare negando la propria situazione.
Anzi lo slancio parte proprio da lì, da dove noi siamo, con tutti i limiti e
bisogni, sentendo che proprio dalla nostra situazione, nasce l’impegno a
trovare ( creare? ) un mondo che dia soluzione positiva (giusta) a tutte le tensioni.
In questo atteggiamento, ricco e complesso, dialettico, scorre il viaggio del veliero del romanzo (“ un qualsiasi veliero, strumento di un qualsiasi potere).”
Questa piccola nota era proprio dettata dalla commozione in cui restavo avvolta, alla fine della lettura
( la prima, perché ci sono ritornata più volte).
Ricevetti questa risposta, frutto ancora della generosità:
“ Cara Liliana, non avrei mai creduto con mia grande soddisfazione che una
persona che abbia letto quel mio libro potesse centrarne il punto essenziale
e il vero significato.
Ebbene proprio tu sei quella persona, Liliana, e mi compiaccio con te e un pochino anche con me che tu abbia capito.”
La generosità è grande, perché Vittorio valuta al massimo l’attività del lettore e appena la sua
grande capacità di accompagnare il lettore, insomma le sue doti umane e di comunicazione.
In verità, qui si aprirebbero seri problemi, perché con queste mie convinzioni, continuo a domandarmi, con una molta perplessità, perché i suoi lettori siano stati scarsi ( per ora)…
In seguito gli avevo mandato questa piccola nota:
“ Mi pare che per Vittorio, nella ricerca del “porto franco dell’umanità”, nella spinta verso la liberazione, ci sia come caratteristica indispensabile, l’aria
da respirare liberamente.
Questo mi pare interessante e vero, non solo come metafora.
Infatti nella vita quotidiana, la condizione dell’ansia agisce spesso proprio
come una disfunzione del respiro, con tutti i conseguenti limiti e difficoltà.
Molte sono le situazioni ansiogene e forse qualcuno sceglie intenzionalmente
di propagare l’ansia, per esercitare un controllo sugli altri.”
Poi avevo spedito per e-mail ancora questa impressione:
“ Una pagina de “L’ Orso di roccia” mi ha spinto a rileggere la parte finale
della poesia “Le due navi” di Vittorio.
“Forse solo ci resta
una trepida modulazione
di cetra.”
Questi versi, in me, si collegano ad un’espressione del romanzo che mi ha molto colpito: “polline di saggezza”.
Secondo Vittorio, gli antichi rapsodi si dedicavano appunto a diffondere il polline di saggezza, come fa anche il personaggio del suo romanzo.
Viene dunque da riflettere che proprio Vittorio abbia fatto un grande lavoro di raccolta e di propagazione di polline di saggezza, nella sua vita, sia come educatore, sia come scrittore.
Questi messaggi, diciamo, estemporanei sono stati scambiati nel breve tempo intercorso tra la pubbli
cazione del libro e la morte di Vittorio Campanella ( aprile 2007).
A questo punto dovrei darti informazioni più obbiettive sul romanzo. Avevo anche pensato di compilare
una scheda, ma per un lavoro ben strutturato, occorrerebbe più tempo e più capacità.
Ad ogni modo, questo è il mio tentativo, la mia richiesta di attenzione per l’opera di un vero umanista.
L’orso di roccia è il romanzo di Vittorio Campanella, pubblicato nel gennaio 2007 dalle Edizioni dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli ( I. C. I.). Non si tratta, ad ogni modo, dell’ultimo
suo scritto. Infatti Vittorio trascorreva il tempo di attesa della pubblicazione e varie traversie, sostenendosi
con la scrittura di un racconto che aveva intitolato” L’attesa del raggio verde”.
( Qui troverei la riconferma dell’intuizione di “oggetto transizionale “ di Winnicot, ma per ora evitiamo di
approfondire ).
Vittorio, per trovare una collocazione adeguata alla sua opera non aveva disdegnato di affrontare il
giudizio della giuria di un concorso letterario e in seguito, la fatica del viaggio per partecipare alla
Premiazione.
Infatti “L’orso di roccia”aveva vinto il primo premio di narrativa inedita al Premio Letterario
Internazionale Nuove Lettere, indetto dall’ Istituto Italiano di Cultura di Napoli e patrocinato
dall’ UNESCO. Da questo riconoscimento era derivata la possibilità di pubblicazione nella collana ” La Bellezza” iniziata da Giorgio Saviane.
L’Orso di roccia è la narrazione di un viaggio di ricerca che si svolge con la complessità e le stratifica
zioni proprie di ogni opera di vera poesia; ma riconoscibili anche nella realtà della vita, quando la si
guarda con atteggiamento poetico. Racconta il viaggio di un veliero, in un mare che ha tempeste e
bonacce, con un ruvido ed enigmatico capitano, con una ciurma che tenta l’ammutinamento e con perso
naggi ricchi di esperienze travagliate e diverse qualità interiori, impegnati in una variegata e coordinata
danza di distanza ed avvicinamento, sia tra sé che rispetto alla meta individuale, che si tenta di far divenire comune: “il porto franco dell’umanità”, “l’orso di roccia”.
Specialmente “il lupacchiotto dei Carpazi” si adopera in questa non facile impresa . Non per sé,
ma per gli altri, impegna fantasia e abilità comunicative . Ma il viaggio è altresì un percorso metaforico
che solca il più insondabile dei mari: l’animo umano.
Alcune righe extrapolate dalla introduzione al volume antologico ” Poesia del Novecento in
Italia e in Europa” a cura di Edoardo Esposito, mi sembrano adatte a sintetizzare ciò che questo
romanzo rappresenta e ciò che la figura dell’orso di roccia rappresenta nel romanzo:
“ricerca di un paese innocente che esiste e resiste in ciascuno di noi,
nonostante il disastro dell’esistenza”.
In questa frase sono individuati i motivi fondamentali della poesia ; ma questi sono anche i motivi di
fondo del romanzo, che dunque si qualifica come opera di poesia , sebbene nella forma narrativa.
Vi si intrecciano, a livelli di grande profondità e in forme complesse, aliene da superficialità o retorica,
molti motivi portanti: il cammino di ricerca; l’anelito all’innocenza, oggettivata in un paese che esiste per ciascuno di noi, solo quando crediamo di poterlo raggiungere; la resistenza della fiducia, nonostante le disfatte della vita; la rinascita della speranza, dalla sconfitta e dalla delusione.
Tutto questo nella convinzione che il paese innocente di ciascuno di noi, tanto più si lascia avvicinare,
quanto più diviene il paese di tutti.
Dunque, la narrazione ha la voce chiara e forte, costituita dalla coralità di tante voci, impegnate nel
comune lavoro di costruire una condivisibile speranza.
Alla mia lettura, “ L’Orso di roccia “ si è posto come una continuativa richiesta di impegno, di attenzione
alle sue problematiche, di disponibilità a restare sospesi tra i suoi personaggi, in quelle visioni sconfinate
e in quell’atmosfera di purezza. Dalla prima lettura è stato come iniziare un percorso nel mondo poetico
dell’autore, che generosamente ci accompagna a guardare, della vita, gli aspetti più innocenti, puri e veri;
a ricercare l’armonia tra l’uomo e la natura, avendo a disposizione un vasto patrimonio di strumenti
culturali, grandi doti di umanità, grande finezza e nobiltà di sentimenti.
Forse per la ricchezza d’animo dell’autore, questo scoglio in forma di animale, continuava a riaffiorare
alla mia coscienza , in mezzo alla chiarità di cielo e mare, che i personaggi continuavano a scrutare.
Ma per la scarsità di strumenti del lettore, tornavano con sempre nuove domande.
L’Orso di roccia, è la poesia? E’ la creatività? E’ la proiezione di ogni umano anelito verso il bene e verso
il bello? E’ il frutto dell’atteggiamento maieutico della generazione adulta che si adopera per favorire la generazione giovane, nel suo cammino verso la crescita e la libertà?
“ perché tu, e lei dietro di te, siete il riflesso segreto di me, l’alone
esterno dell’arcobaleno! Ecco perché insisto a proporti di credere che quel
che i tuoi occhi vedranno da un giorno all’altro sarà la tua sponda! … Credici anche tu come ci credo io! ”
Così, tornare su quelle pagine, era approfondimento e adeguamento della comprensione. Era soffermarsi su frasi ricche di verità.
L’ Orso di roccia “ è il confine fra la storia dell’uomo prigioniero e la storia della
natura, dove l’uomo recupera se stesso! fra la storia artificiale e la storia vera,
fisica, che si snoda nel tempo serena e burrascosa, dietro l’orma delle leggi
della natura. L’animale foggiato dal vento e dalla pioggia sulla roccia è una
figura di due prospettive opposte……
è l’idea che l’uomo ha della natura… ed è la natura che si ferma al limite dell’uomo, cioè l’accordo pieno con lui!…”
“ Sarà la vostra sponda, il porto franco dove sperate di sbarcare…”
Immergersi nella lettura era ritrovare un mondo amico, restando nel paese innocente che Vittorio continuamente e in molte forme ha ricreato. Era riconoscere che per i veri poeti, la comunione dell’
umanità è una realtà di fatto e che voci libere di persone che non si sono mai incontrate fisicamente,
possono ugualmente risuonare all’unisono.
E penso ancora a Vittorio mentre leggo gli ultimi versi di una poesia di Agostino Neto, dall’antologia
“ Poeti Africani Anti- Apartheid”:
“ Per noi la terra verde di SAN TOME
Sarà anche l’isola dell’amore ”
Penso a Vittorio, che si congeda dal suo lavoro con l’immagine dell’uccello di mare in volo:
“ è un chiarore vicino
che si apre per te di domani.
E nell’aria spaziosa tu solo
rimani l’invincibile re … ”
Si congeda con l’osservazione del suo personaggio:
“Jablani mormorò per conto suo:- – Anche i falchetti credenti sono come
l’uccello di mare!…”
Pochi giorni dopo la morte di Vittorio, avevo tentato di dare forma alle tante e complesse emozioni che
l’incontro mi aveva suscitato:
POIESIS
Sciamano nel vento
immagini di poesia.
Di roccia o d’aria,
l’amore le modellò,
sempre in forma
di pura verità.
Volano ora
e attendono
d’essere raccolte
e amate.
Oggi confermo che proprio di essere amate meritano le sue opere. Spero che molti riconoscano
che la visione di Vittorio ( di profondo spessore, per conoscenza e riferimenti storici e di notevole
estensione, per considerazione di molteplici problematiche e dei loro rapporti) è proprio un mondo
da amare e da costruire.
Liliana Valentini