Raccontino di Natale
L’uomochesorridevalpassato chiuse la porta con un sospiro di sollievo.
Finalmente in salvo dalle folate di vento pungente, dal traffico natalizio, dalle code al supermercato. La sua casa lo accoglieva tiepida e silenziosa, o quasi: un leggero ticchettio faceva da contrappunto al consueto ansimare del frigorifero. Dovrò decidermi a cambiarlo, pensò, ci fosse almeno un dignitoso cimitero per elettrodomestici fedeli…
Entrò in cucina e il ticchettio sembrò allontanarsi. Non proveniva da lì, per il frigorifero c’era ancora tempo. Si avviò con passo rapido verso il soggiorno: Figliogrande o Figliopiccolo dovevano aver lasciato accesa qualche diavoleria elettronica delle loro, fregandosene come sempre di chi poi pagava la bolletta della luce. Bastava che si trattasse di un congegno facile da spegnere… Spalancò la porta della stanza con decisione e Gattamatta e Saviagatta gli si strusciarono contro le gambe, miagolando. Che ci facevano dentro casa quelle due? Eppure Tito, il filippino, sapeva bene che il regno delle furie devastatrici era il balcone, e che per ora non erano previste annessioni…
Spalancò la porta del soggiorno con passo rapido e si avviò verso la finestra per controllare che fosse chiusa.
Fu allora che lo vide.
“Salve, deve scusarmi per l’intrusione ma mi avevano detto che il campo sarebbe stato libero ancora per un po’”.
L’uomochesorridevalpassato indietreggiò. La voce argentina e il ticchettìo provenivano da un piccolo ologramma antropomorfo, con due occhietti acquosi e una ridicola codina, corredata da un vistoso pompon.
Ci siamo – pensò – è arrivato il momento di prenotare una visita dal neurologo, uno bravo. D’altra parte è qualche tempo che non mi sento benissimo…
L’ologramma gli tese educatamente una piccola mano bidimensionale. “Sono Esecutore23, piacere. Sa quando torna il padrone di casa?”.
Forse la colpa era di quei carciofini fatti in casa che era stato costretto ad assaggiare per pura cortesia – rifletté – probabilmente contenevano una tossina fortemente allucinogena.
Roba potente – si disse – perché si sorprese a rispondere un po’ piccato, senza stringere la manina che gli veniva tesa: “Veramente il padrone di casa sono io”.
“Mi scusi tanto per l’equivoco” – rispose l’ologramma – “ma mi aspettavo un uomo più giovane, per via dell’età di Lucia e Andrea. Certo non sarebbe la prima volta, Chaplin… Comunque lieto di conoscerla signore, mi sbrigo in un attimo”.
“A fare cosa si sbriga?” La voce dell’uomo aveva assunto un’intonazione vagamente isterica. “E che c’entra Chaplin, io non ho ottant’anni!”.
“Certo signore, mi scusi – rispose Esecutore con tono paziente, brandendo un foglio di carta decorato con colori vivaci – sto solo cercando di soddisfare i desideri di Lucia e Andrea, la letterina a Babbo Natale…”.
“ Capisco” – l’uomo sospirò, riprendendo la calma. “Chi sarebbero Lucia e Andrea?”
“I suoi figli signore”.
“I miei figli?”.
“Lucia e Andrea sono i suoi bambini, no?”.
“No”.
“Lei non ha figli, signore?”
“Si, Figliogrande e Figliopiccolo, e le assicuro che non hanno più l’età per credere a Babbo Natale”.
“Questo lo dice lei” – ridacchiò l’ologramma. “Babbo riceve letterine da gente di tutte le età. Anche la Befana va sempre fortissimo. Meno bene il Golem e Padre Pio, in crescita Fiorello e Bill Gates”.
“Fiorello?”
“Sì, e noi evadiamo tutte le richieste!”
“Noi chi?” L’uomo si accorse di essere suo malgrado incuriosito.
“Ma noi rettiliani, ovviamente”.
Non erano stati i carciofini, doveva essere qualcosa di molto più potente. Il polonio, ma certo! Quella ragazza russa così carina, per una volta che si era fidato…
“Si rende conto del carico di lavoro? Cinque soli Esecutori per tutta Roma Nord Est! Perdoni lo sfogo ma non so più come fare, mi costringono ad operare in condizioni assurde, senza un supporto informativo adeguato” – il piccolo ologramma nella concitazione agitava il pompon della coda freneticamente –. “Contratti a termine, tempi ridottissimi. Pensi che in un’ora devo materializzare decorazioni, regali e il cenone per questa sera. Andrea ha chiesto cheeseburger, patatine e Coca Cola per tutti”.
“Che orrore, i miei figli non mangiano questa roba!”
“Ma non ha appena detto che non sono i suoi figli, signore?”
“Ah già, è vero… Comunque la diffido dal materializzare queste schifezze nella mia cucina! Ho già previsto il menù di questa sera, pasta al sugo, arrosto e spinaci al limone”.
“Ok, ok, ma ci rimarranno male. Andrea adora i cheeseburger. Potrebbe almeno sostituire gli spinaci con le patatine fritte?”.
“Gli spinaci vanno benissimo! Ma guarda te se mi devo mettere a discutere con un ologramma. Ma insomma che vuole? Si introduce in casa mia senza permesso e vuole decidere il cenone di Natale della mia famiglia! Poi chi le ha detto di far entrare le gatte dentro casa?”.
“Credevo fossero rimaste chiuse fuori, non che vivessero in esilio. Comunque non si alteri, finisco di materializzare almeno la bambola per Lucia e me ne vado. È una faccenda un po’ complessa, pensi che mangia, beve e prende anche le malattie esantematiche”.
“Che bellezza, una bambola col morbillo! Si blocchi subito, coso…”.
“Esecutore23, signore”. La vocetta metallica era ora vagamente risentita.
L’uomo addolcì automaticamente il tono. “Esecutore, qui Lucia non c’è, io la bambola infettiva non la voglio, e ormai mi sembra chiaro che si tratta di uno scambio di persona. Perciò piacere di averla conosciuta, passi una buona serata e mi saluti i colleghi”.
“Mi dispiace di averla fatta innervosire. Guardi, me ne vado subito, magari per farmi perdonare materializzo una bambola tutta per lei, modello Velvet, sono perfette. Come la vuole? Bionda, occhi chiari?”
“Magari rossa con gli occhi verdi, se per lei fa lo stesso… Ma cosa mi fa dire? Su, vada, per favore”.
“Io non le faccio dire nulla, voi terrestri non vi volete mai assumere le responsabilità dei vostri pensieri. Pensi che per lei ero disposto a fare uno strappo, ad agire senza la lettera di incarico si rischia il licenziamento. Ma va bene, vado. Se arriva la bambola di Lucia non la tocchi, ci penso io a smaterializzarla a distanza”.
“Si figuri se tocco una bambola con le pustole!”.
“Va bene, allora arrivederci e tanti auguri”. Esecutore 23 tese di nuovo la mano con espressione speranzosa.
“Addio” – l’uomo avvicinò le sue dita a quelle dell’ologramma – “buona fortuna e buon Natale”.
Per un attimo ebbe l’impressione di toccare qualcosa di caldo e impalpabile, poi il soggiorno gli apparve insolitamente grande e vuoto.
L’uomochesorridevalpassato allungò le braccia verso alto distendendo la schiena, poi si avvicinò alla portafinestra del soggiorno e guardò fuori, nel buio. Gli occhi fosforescenti delle gatte lo fissavano al di là del vetro con il consueto sguardo enigmatico. È tornato tutto alla normalità, pensò, una vigilia di Natale qualsiasi. Sarebbe passato anche quell’anno, e quello successivo. Sarebbe arrivato, con passo felpato, anche l’ultimo.
Spense le luci e si recò nel suo studio, avvolto nella semioscurità. Aveva ancora un po’ di tempo prima che Figliogrande e Figliopiccolo tornassero a casa.
Accese il computer.
Sullo schermo si stagliarono le icone, nitide sul fondo azzurro. La cartella con le fatture, le fotografie delle vacanze, e quell’articolo sulle tradizioni popolari del casentino ancora da terminare. La mano destra esitò sul mouse solo un momento, poi cliccò. Comparve una pagina bianca.
“Gentile Babbo Natale – digitò rapidamente – mi permetto di scriveLe anche se non La conosco personalmente…”.
Gattamatta, lì fuori, balzò agilmente sulla ringhiera del balcone e miagolò lungamente, lamentandosi dell’indifferenza della luna. Per quella sera Saviagatta non la rimproverò.
Laura Pacelli