Tutte le parole del mondo
dai loro nascondigli
per me stanasti un giorno,
e d’improvviso le cose fiorirono,
polloni spuntarono da inerti fibre
di materia muta,
pulsarono le vene
di suoni vorticosi
e a Morte solamente
venne a mancare un nome.
Che danze e che deliri
quel giorno intorno al mondo!
Ma tu che nome avevi?
Io questo non ricordo
e saperlo più non può
chi ha il cuore sordo.
Sunt lacrimae rerum:
era per questo che piangevo
quando snocciolavi sillabe
come perle che si sfilano
da lunghissime collane
scrosciando in risa arcane
sugli immensi selciati
di tutti gli anni andati.
Rerum lacrimae sunt ,
e tutte le conoscevo
dal suono che facevano
quando cadevano giù,
anche se di più amai
quelle che non caddero mai,
torcendosi in viticci
sulle corde vocali,
sfibrate poi dai mali
dei comuni nomi esiziali…
Tutte le parole del mondo
dai loro nascondigli
per me stanasti un giorno,
tinte di colori vermigli.
Come topi danzavano
al suono del magico flauto:
fin qui le attirasti, tu incauto,
fin dentro ai recessi del cuore,
colpito da fiero dolore,
di poi, nel verbo che muore…
Conobbe allora il mondo
le sillabe di creta
di cui ogni cosa è fatta:
emersero dal fondo
d’ogni visione intatta
e il mondo sulla groppa
d’ asino gigantesco
le lasciò galoppare,
il peso ad alleviare
di soma iniqua assai,
che assai però più greve
è ritornato, ormai.
Tutte le parole del mondo
dai loro nascondigli
per me stanasti un giorno,
ma poi le seppellisti
fra i rottami più tristi.
Un sol nome lì intorno
tu volesti salvare:
era quello di Morte,
che riprese a volare.